E’ verosimilmente di quel periodo la costruzione del castello, da intendersi come casa fortificata, protetta da un fossato, superabile con un piccolo ponte levatoio e un ponte fisso, con un cortile interno e una colombaia.
L’arrivo dei frati Certosini lo trasforma in convento, la cui dimensione è quella che possiamo vedere.
L’edificio si trova al centro di un podere che si espande a seguito di acquisti, permute e donazioni fino a comprendere alcune cascine ancora esistenti: Guzzafame (detta anche Guzafiume) e San Pietro; altre, ormai abbattute, erano Santa Maria (vicina a San Pietro) e Fontana (oggi complesso edilizio di fronte al muro del giardino della Certosa).
La proprietà dell’edificio e dei poderi circostanti è assegnata alla Certosa di Pavia (appena costruita) da Gian Galeazzo Visconti nel 1400, togliendola d’imperio a Jacopo Dal Verme (il condottiero che l’aveva avuta in dono dallo stesso duca).
La Certosa di Pavia è perciò riprodotta in un affresco in gran parte consumato sopra il portone d’ingresso.
Lo sviluppo del borgo di Vigano è dovuto all’attività dei Certosini che, da ultimo, tracciano anche la strada che conduce a Gaggiano.
I loro beni vengono requisiti nel 1769, quando l’ordine viene sciolto dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria.
La Certosa diventa casa padronale del podere denominato della Fontana e tale rimane fino all’ultimo scorcio del Novecento.
In anni recenti è stata restaurata e ospita attualmente tre famiglie e un’associazione culturale (Mambre).
E’ riconoscibile sull’angolo della facciata il laboratorio del fabbro.
Risale alla metà del Cinquecento l’Oratorio che si trova all’interno del complesso, dedicato a Sant’Ippolito e i cui affreschi sono stati affidati ad Aurelio e Giovan Pietro Luini (due dei quattro figli del più celebre Bernardino Luini) nel 1578 dalla Certosa di Pavia.
Le scritte Gra Car testimoniano la committenza dei Certosini. Oltre a rappresentazioni riguardati la vita del Santo al quale l’oratorio è dedicato, numerosi sono i riferimenti alla vita dei monaci e al suo Santo fondatore, San Brunone. Degno di nota è anche il soffitto ligneo a cassettoni, dipinto probabilmente a tempera e riccamente decorato.
Anche l’Oratorio è stato riportato alla luce in anni recenti, dopo essere stato adibito, prima dall’esercito napoleonico, poi dal Regno d’Italia a Corpo di Guardia e, nella prima metà del Novecento, ad abitazione privata.
Curiosità: Sulla parete dove era sistemato l’altare, non dipinta, si trovava una pala riproducente nel mezzo la Vergine col bambino, a destra S. Sebastiano e a sinistra S. Rocco. L’autore fu identificato come Ambrogio da Fossano da uno studioso d’arte milanese, Girolamo Luigi Calvi. Il quale fu a lungo proprietario di un possedimento a San Vito di Gaggiano.